L’Agenzia delle entrate il 7/10/2024 ha diffuso sul proprio sito internet nella forma di FAQ ulteriori chiarimenti sull’applicazione del concordato preventivo biennale.
Di seguito sono riportate quelle di maggiore interesse
D: Si chiede conferma che nel caso in cui il contribuente abbia optato per l’imposta sostitutiva di cui all’art. 20-bis del decreto CPB le perdite fiscali pregresse debbano essere portate in diminuzione dalla parte del reddito che residua una volta individuata la “parte eccedente” assoggettata ad imposta sostitutiva. Nel caso prospettato, occorre procedere nel seguente modo:
· in via preliminare, è necessario determinare la parte di reddito d’impresa o di lavoro autonomo derivante dall’adesione al concordato che risulta eccedente rispetto al corrispondente reddito dichiarato nel periodo d’imposta antecedente quello cui si riferisce la proposta, rettificato secondo quanto disposto dagli articoli 15 e 16 del decreto CPB (cd “parte eccedente”). La “parte eccedente”, così determinata, dovrà essere assoggettata all’imposta sostitutiva di cui all’articolo 20-bis del decreto CPB. In particolare, come chiarito nella Circolare, la “parte eccedente” è pari alla differenza fra i righi P06 e P04 del modello CPB 2024/2025 per il periodo d’imposta 2024 e i righi P07 e P04 del medesimo modello per il periodo d’imposta 2025;
· sulla differenza tra il reddito derivante dalla proposta concordataria e la “parte eccedente” dovranno applicarsi le rettifiche di cui agli artt. 15 e 16, comprese le eventuali perdite fiscali pregresse utilizzabili secondo le regole previste dagli articoli 8 e 84 del TUIR (cd. “reddito rettificato”). Tale importo sarà, quindi, assoggettato a imposta ordinaria.
Ai fini del rispetto della soglia di 2 mila euro di cui agli artt. 15, comma 2, e 16, comma 4, del decreto CPB si ritiene che occorra tener conto, complessivamente, sia dell’importo della “parte eccedente” (assoggettato ad imposta sostitutiva), sia dell’importo del “reddito rettificato” (assoggettato ad imposta ordinaria).
D: L’articolo 10, comma 2, del decreto CPB prevede che possono, comunque, accedere al CPB i contribuenti che hanno estinto i debiti per tributi amministrati dall’Agenzia delle entrate e i debiti contributivi se l’ammontare complessivo del debito residuo, compresi interessi e sanzioni, è inferiore alla soglia di 5.000 euro. Si chiede se l’importo di 5.000 euro previsto dalla richiamata norma debba essere calcolato considerando, complessivamente, sia i debiti per tributi amministrati dall’Agenzia delle entrate sia i debiti contributivi.
L’articolo 10, comma 2, del decreto CPB stabilisce “possono comunque accedere al concordato i contribuenti che nel rispetto dei termini previsti dall’articolo 9, comma 3, hanno estinto i debiti di cui al primo periodo se l’ammontare complessivo del debito residuo, compresi interessi e sanzioni, è inferiore alla soglia di 5.000 euro. Non concorrono al predetto limite i debiti oggetto di provvedimenti di sospensione o di rateazione sino a decadenza dei relativi benefici secondo le specifiche disposizioni applicabili”.
Considerato il tenore letterale della disposizione richiamata, si ritiene che, ai fini della determinazione della soglia di 5.000 euro relativa al debito residuo, debbano considerarsi, complessivamente, sia i debiti contributivi che i debiti per tributi amministrati dall’Agenzia delle entrate.
D: La modifica della compagine sociale può essere considerata causa di esclusione anche per un’impresa familiare?
L’articolo 11 del decreto CPB, tra le ipotesi di esclusione, prevede anche il caso in cui “la società o l’associazione di cui all’articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 è interessata da modifiche della compagine sociale”.
Atteso che l’impresa familiare, come chiarito con la risoluzione n. 176/E del 28 aprile 2008 e ribadito con la circolare n. 4/E del 18 febbraio 2022, “ha natura individuale e non collettiva (associativa)”, si ritiene che il
riferimento della richiamata norma a “società o associazione” non permetta di estendere l’applicazione della causa di esclusione, ivi prevista, anche all’impresa familiare.
D: Tra le condizioni ostative previste dal decreto CPB per l’accesso al concordato vi è la “mancata presentazione della dichiarazione dei redditi in relazione ad almeno uno dei tre periodi di imposta precedenti a quelli di applicazione del concordato”. Si chiede conferma che ai fini della applicazione del CPB si debbano considerare omesse (e, quindi, “non presentate”) le dichiarazioni trasmesse oltre i 90 giorni dal termine di presentazione.
Si conferma quanto prospettato nel quesito. Ciò in coerenza con quanto previsto dall’articolo 2, comma 7, del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, secondo cui “Sono considerate valide le dichiarazioni presentate entro novanta giorni dalla scadenza del termine, salva restando l’applicazione delle sanzioni amministrative per il ritardo. Le dichiarazioni presentate con ritardo superiore a novanta giorni si considerano omesse, ma costituiscono, comunque, titolo per la riscossione delle imposte dovute in base agli imponibili in esse indicati e delle ritenute indicate dai sostituti d’imposta”.
D: Con la risposta di cui al paragrafo 6.14 della Circolare n. 18/E del 17 settembre 2024 è stato chiarito che il versamento dell’imposta sostitutiva, nel caso di esercizio dell’opzione prevista dall’articolo 20-bis del decreto CPB, deve essere effettuato pro-quota dai singoli soci o associati nelle ipotesi di cui agli articoli 5, 115 e 116 TUIR. Al riguardo, si chiede di chiarire se l’opzione prevista dal richiamato art. 20-bis possa essere effettuata esclusivamente dalla società o associazione aderente al concordato.
L’art. 20-bis del decreto CPB prevede che “Per i periodi d’imposta oggetto del concordato, i contribuenti che aderiscono alla proposta dell’Agenzia delle entrate possono assoggettare la parte di reddito d’impresa o di lavoro autonomo derivante dall’adesione al concordato, che risulta eccedente rispetto al corrispondente reddito dichiarato nel periodo d’imposta antecedente a quelli cui si riferisce la proposta, rettificato secondo quanto disposto dagli articoli 15 e 16, a una imposta sostitutiva delle imposte sul reddito, addizionali comprese, ….”.
Come si evince dal tenore letterale del richiamato articolo 20-bis, la facoltà di esercitare l’opzione per la tassazione sostitutiva è consentita al contribuente che aderisce al concordato. Quindi, nel caso di una società o associazione, l’opzione per l’applicazione dell’imposta sostitutiva può essere effettuata solo da detti soggetti e vincola anche i soci o gli associati degli stessi.
Tale soluzione è coerente con quanto previsto dagli articoli 15, comma 2, e 16, comma 4, in base ai quali il limite di 2.000 euro deve essere ripartito tra i soci o gli associati in ragione delle proprie quote di partecipazione.